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Dietro le quinte, davanti ai fornelli

"è il rifugista che deve far sentire al sicuro il corridore"

Dei tanti rifugisti e gestori, anche storici, che hanno partecipato con passione al Tor des Géants 2012, abbiamo raccolto l'esperienza di Giacomo.

Perchè proprio la sua? Perchè Giacomo Devoto è al suo primo Tor des Géants. Prima di qualche giorno fa neanche s'immaginava cosa fosse far parte della grande macchina che è il Tor.

E' da pochissimo il nuovo gestore del Rifugio Vieux Crest.
Giovane, entusiasta, ex-alpinista per passione e chef di professione. Ha appena superato i trent'anni: è ligure d'origine e valdostano d'adozione, da quasi quindici anni.

"Sono stato catapultato in quest'esperienza totalizzante senza rendermi conto di cosa m'aspettasse.
Eravamo 6 ad attendere i corridori: a braccia aperte e con piatti di minestra calda, verdura, riso. Ma, soprattutto, con un largo sorriso sulle labbra. Perchè siamo noi rifugisti che dobbiamo far sentire al sicuro i corridori. Confortarli, accoglierli, proteggerli da quella 'gara brutale' (in senso fisico di stanchezza estrema) che è il Tor.

Varcano la soglia e sono sotto la nostra protezione. Quasi una responsabilità. 

Il primo è comparso mercoledì mattina alle 7.50 (Millet) e le "scope" (cioè i volontari dell'organizzazione che chiudono la corsa) hanno lasciato il rifugio intorno alle 16.30 di venerdì.

Non avevo ben chiaro come preparare l'accoglienza per questi corridori che arrivavano alla spicciolata, ma alla fine mi sono buttato con passione in quello che è il mio lavoro. Ed è stata un'esperienza unica.

I corridori sono stati meravigliosi: con Millet, Le Saux e Perez, dopo averli ristorati, ho corso per un tratto di strada, incitandoli e indicando la via. Poi, quando la gara è stata bloccata per maltempo, abbiamo ospitato oltre 60 corridori (solitamente il rifugio ospita 39 posti letto). C'era gente che dormiva ovunque, ma... ci sono stati tutti. Una specie di stress-test della struttura.

E poi il pediluvio a Enrico Viola, questo non lo dimenticherò. E' arrivato qui infreddolito e con i piedi davvero conciati. Non ci abbiamo pensato due volte, come si fa nelle situazioni estreme, quelle in cui i "metodi della nonna" vengono rispolverati come infallibili. Abbiam tirato fuori una bacinella d'acqua calda e con la delicatezza che avremmo usato con un neonato... giù a frizionare. Per scaldare, ma anche per rincuorare dalla fatica.

Ce l'abbiamo messa tutta. Avevo talmente tanta adrenalina in circolo, e tanto da fare, che in 3 giorni ho dormito solo 4 ore (come molti dei miei colleghi rifugisti lungo il percorso).

Perchè nel Tor des Géants quando ci sei dentro, col cavolo che te ne tiri fuori! E' come un turbine di emozioni, incontri, attimi, esperienze che vuoi vivere al massimo. Al momento, magari, li sottovaluti, ma poi, quando ci ripensi a mente fredda, sai che ti rimarranno dentro. Impressi a fuoco.

Ricorderò lo sguardo allucinato di Millet quando ha varcato la porta, l'incredibile criniera di Le Saux (che, da sola, fa metà del suo peso), la gentilezza di Perez, un imponente atleta francese di colore, un gruppo di spagnoli che hanno corso il Tor insieme.

Ho scattato più di 300 foto in quei giorni, ma so già che non sono bastati per fermare tutti gli attimi che vale la pena ricordare.

E poi... quel clima umano incredibile che si è venuto a creare. Non ho mai visto uno spirito di squadra così, lavorando lunghi giorni di fila per un obiettivo comune: far sentire tutti quanti a casa su queste Alte Vie che noi amiamo e che, grazie al Tor des Géants, vediamo valorizzate non solo sportivamente, ma anche dal punto di vista paesaggistico, per farle conoscere in tutto il mondo. Tante sono le nazionalità che si porteranno un pezzo di Valle d'Aosta nel cuore, dall'altra parte del mondo.

E per un pezzetto, avremo contribuito anche Noi: quelli dei rifugi, i volontari, gli organizzatori e tutti quelli che sono stati "dietro le quinte" e davanti a i fornelli di questa gara incredibile".

Intervista di Sara Annoni, 25 settembre 2012

Aggiornato: Mar, 25/09/2012 - 18:44