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Cronache di una vigilia

“Lo spirito del Tor
vola a queste altezze”

Venerdì 2 settembre - Manca una settimana al via del Tor des Géants. Mi guardo dentro. Capisco che nei vari ragionamenti che affollano la mente, ci sono anche insicurezze. I soliti tarli pri­ma di affrontare grandi prove in mon­tagna. Anche comprensibili. Riportano alla dimensione umana, quella piccola-grande forza che si confronta con l’im­mensità della natura.

Il Tor è una prova speciale. Servono chilometri dentro ai pol­pacci. Chilometri di sentieri, dislivelli, sof­ferenza e compensazione della sofferenza.
Forse non è nemmeno una gara, almeno dal mio punto di vista. Troppo lunga e dura per es­serlo. È piuttosto un’incredibile cavalcata fra la magia delle cime e delle vallate val­dostane. Un tentativo di raggiungere nuove dimensioni sportive. Meno competitive, più introspettive. Nella natura. Fra rudi e magi­che montagne. Isolamento. Anche di fronte alle paure più oscure: il buio della notte, i riflessi corti, la piccola luce di una fronta­le, il tempo che cambia, il freddo, la fame, le energie che ti lasciano… assomiglia alla salita solitaria di una grande parete…

Torna alla mente la mattina della parten­za e il Giorno 1.
Rilassato, almeno ci provo. Faccio foto e filmo con la telecamera. Un paio di in­terviste al volo. Una è con Stevie Haston, reduce con onore dalla prima edizione del 2010. Gli chiedo di dirmi in una pa­rola cosa sia il Tor des Geants. Risponde “pain”, dolore. Una volta ancora penso: dolore, percorso verso lo spirito.

Visi contratti, l’ansia disegna le rughe in­torno agli occhi. Tutti piccoli uomini. Tutti un grande coraggio. Forse mescolato con incoscienza, ma a pre­valere è certamente il coraggio. Come faccio di solito in partenza scherzo, un modo come un altro di esorcizzare paure. Alla fine ci cre­do, parto.
Un unico grande serpentone di atleti si snoda nelle vie di Courmayeur. Due ali di folla ci seguono con occhi sgranati, grida festose, bambini incantati dallo spettacolo, anziani che sembrano assistere rispettosi al passaggio dei loro “eroi”. Si, eroi, come nei tempi andati delle im­prese di montagna. Quelli belli, coraggiosi, puri. Chi lo sa cosa siamo? Forse eroi no, ma ci proviamo… Se l’eroe è anche l’esploratore, colui che parte per l’ignoto, allora può darsi… qui di ignoto ce n’è proprio tanto.

 

di Federico Acquarone
su Montagnard, 2011 / estratto

Aggiornato: Gio, 12/07/2012 - 10:51