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Nico Valsesia

Nico Valsesia al Tor 2017: entusiasmo, divertimento e preparazione

Non si può dire che l’alta quota gli faccia difetto. Lui, infatti, si sta allenando così: portando amici sull’Elbrus (5642 metri, nel Caucaso) e sale sul Kilimangiaro (5895 metri, in Tanzania). Naturalmente a passo spedito.
Lui è Nico Valsesia, 46 anni ma aria da adolescente che sembra divertirsi in ogni cosa che fa, senza apparentemente soffrire. Manco a farlo apposta “La fatica non esiste” è il titolo del libro che ha scritto insieme al giornalista Andrea Schiavon, pubblicato da Mondadori nel 2014.
Su questi “monti” c’è già stato naturalmente da recordman, ed è salito a tutta birra (record del mondo) anche sulla vetta dell’Aconcagua (6963 metri), partendo in bicicletta dalla costa più vicina, in Cile.
Cosa che ha fatto anche da Genova alla cima del Monte Bianco, per restare dalle nostre parti. Poi trail nel deserto del Salar, in Bolivia, e altre “impresuccie” anche sulle due ruote, altra grande passione (e professione, visto che gestisce insieme al fratello un negozio di biciclette nella natia Borgomanero), con le quali ha preso parte anche ad alcune edizioni della Raam (Race Across America)  che vuol dire 5 mila chilometri non stop da una costa all’altra degli Stati Uniti. In questa gara spaccagambe e sgonfiapolmoni ha anche conquistato due podi, con un secondo posto nel 2006 ed un terzo nel 2014.
E’ solo una piccola parte del curriculum sportivo dell’atleta piemontese che fra meno di 70 giorni - un soffio - sarà al via dell'ottava edizione del TordesGéants®.

Nico, che avventure sono?

In Russia ho accompagnato un gruppo di amici a scalare l’Elbrus; il Kilimangiaro invece segue il progetto “From zero to…”. Questa volta 380 km in bici e poi a piedi la vetta, sempre nel minor tempo possibile.

Oltre a queste escursioni sulle montagne più alte dei vari contenti, come procede la tua preparazione complessiva per il Tor?

Cerco di correre ritagliandomi piccoli spazi tra lavoro, figli, organizzazioni di viaggi, eventi. Il tempo, negli ultimi anni, si è accorciato sempre più, faccio molta fatica a dedicare occasioni alla corsa e alla bici; credo sia normale, le priorità diventano altre e non si può sempre vivere nel mondo dei sogni, quelli di poter vivere spensierati sulle montagne pensando solo a se stessi e al proprio ego; questa vita molto frenetica però mi fa apprezzare ancor di più i momenti di libertà e di sport.

Come è una giornata tipo di allenamento per una gara del genere.

Mi alzo sempre alle 5; colazione per mio figlio Santiago, che vive con me, e in altre occasioni anche per Felipe e Matilda che di norma vivono con la mamma; dopo che lui parte in bici per andare a scuola, io o corro o pedalo oppure mi esercito sul vogatore; nella pausa pranzo chiudo il mio negozio di biciclette e, senza perder tempo, esco in bici o di corsa sfruttando il tempo fino all’ultimo secondo. Poi mangio qualcosa, tra un cliente e l'altro; la sera non riesco più ad allenarmi come tempo fa perché ho una gran voglia di rivedere i miei figli … Non riesco più a fare tante uscite lunghe ma confido molto nell’entusiasmo che ho per fare gare di lunga durata.

Tu sei capace di mescolare bene divertimento e agonismo. Immaginiamo che anche al Tor sarà così. Ti sei già prefissato un obiettivo e miri a quello oppure vivrai la gara un po’ alla giornata?

Come sempre spero di divertirmi; vivrò alla giornata ed improvviserò, come mia abitudine, ma con il pettorale addosso darò il massimo. Secondo me così deve essere sempre e per tutti, altrimenti piuttosto che una gara andrei a fare un escursione.

Qual è, secondo te, il ‘nemico’ maggiore di un endurance trail come questo, con 330 km filati e 24mila metri di dislivello?

Secondo me la lotta è con la tua testa; per essere sempre sereni deve davvero piacerti ciò che stai facendo. Altrimenti meglio scegliere un altro hobby.

Chi al Tor mira alla classifica di solito non dorme. Ma a tutto ci si può allenare tranne che a non dormire. Tu come affronti di solito questo ostacolo?

La privazione del sonno è una bestia terribile quando non conosci gli effetti, quando non sai quali saranno i sintomi. Le prime volte che hai le allucinazioni ti spaventi. Io credo di poter ormai convivere con questi sintomi avendo fatto cinque volte la Race Across America, dove ho dormito 10 ore in 9 giorni…

Tor uguale gara agonistica, viaggio sfidante, avventura unica, esplorazione dei luoghi e del proprio spirito. Tu quel definizione sceglieresti?

Metterei sicuramente al primo posto gara agonistica. E poi una bella avventura da godere fino in fondo.

Alimentazione sotto sforzo e in condizioni avverse. Tu segui una dieta per arrivare alla gara o pizza e birra non mancano comunque mai?

Cerco di evitare alimenti che so mi fanno stare poco bene ma senza stressarmi. Come detto precedentemente per me rimane partecipare al Tor comunque sempre un bel divertimento e non voglio avere fissazioni. Neanche quella dell’alimentazione.

Di Endurance Trail ce ne sono ormai tanti ma il Tor des Géants® rimane una gara unica al mondo, considerando i Paesi rappresentati e gli atleti stranieri che cercano di iscriversi in numero sempre maggiore. Cosa, secondo te, lo distingue dagli altri?

La risposta più semplice e scontata è che in Valle d’Aosta ci sono le montagne più belle del mondo. Poi sono stati molto bravi i soci di VDA Trailers ad avere avuto questa idea per primi e ad aver perseverato nel portare avanti il progetto, sempre in crescendo. L’organizzazione è davvero super. Anche io sono organizzatore di un evento di risonanza mondiale, il Red Bull K3, dunque so riconoscere la professionalità di chi  lavora con passione e serietà.

Avevi preso parte, senza fortuna, a un paio di edizioni del Tor. Quindi conosci gli ambienti e le problematiche della gara. In una corsa d’alta quota come questa bisogna essere più trailers o uomini di montagna?

Mi sono ritirato sempre mentre ero nelle prime posizioni. La prima volta per colpa di quelli che avevo definito fastidi di testa, un po’ di problemi miei. Stavo bene ma non ero convinto fino in fondo di potercela fare. In un’altra edizione ho avuto un problema fisico insormontabile. Reputo comunque questa corsa ancora più adatta a uomini di montagna che possono essere anche trailers. Poi chissà, un giorno arriverà un ragazzino spavaldo con le lentiggini e la borsetta porta scarpe che farà il record e metterà tutti in fila, sconvolgendo leggi della corsa e della montagna.

Aggiornato: Mer, 14/06/2017 - 10:03